2014-10-24 13:00:00

L’obiettivo di ridurre di 20 milioni il numero di poveri entro il 2020 è irraggiungibile alle condizioni attuali: la denuncia del network europeo anti-povertà Eapn.                                             (da www.euronote.it - ottobre 2014))

«Dobbiamo riconoscere il fallimento della strategia Europa 2020 per com’è stata concepita finora. Il paradigma economico degli anni passati ci ha portati fino a questo punto ed è evidente che non ci porterà fuori da qui: insistere sullo stesso modello, ritenendo che la crescita e l’occupazione di qualsiasi tipo e ad ogni costo, risolveranno i problemi non è più accettabile. Non abbiamo bisogno della crescita che ha prodotto più povertà ed esclusione sociale, abbiamo invece bisogno di sviluppo e di condividere meglio la ricchezza che abbiamo e produciamo». Sono parole di Sérgio Aires, presidente dell’European anti-poverty network (Eapn, rete di Ong presente in 31 Paesi europei), espresse durante il suo intervento alla Conferenza di alto livello svoltasi a Bruxelles lo scorso 9 ottobre, su iniziativa della Commissione europea, dedicata appunto a una valutazione dell’obiettivo di riduzione delle povertà contenuto nella strategia Europa 2020. La crisi, ha aggiunto Aires, «è una conseguenza del modello sbagliato che stiamo perseguendo e non la causa di povertà ed esclusione sociale.

Dobbiamo ricordare infatti che prima della crisi finanziaria ed economica già 120 milioni di persone vivevano in povertà nei Paesi dell’Unione europea». Con estremo realismo il presidente della rete europea anti-povertà ha quindi dichiarato: «Cerchiamo di essere chiari e smettiamo di guardare altrove: abbiamo collettivamente fallito e dobbiamo essere in grado di accettare che dobbiamo cambiare». Ma come, in quale direzione? Secondo Aires solo un approccio integrato, in base al quale ogni ambito della governance prevista dalla strategia Europa 2020 deve essere monitorato con la stessa attenzione, può portare qualche risultato nella riduzione delle disuguaglianze e della povertà. «Il motivo per cui la strategia 2020 dell’Ue ha finora fallito nel suo obiettivo di riduzione della povertà è che questa non era una sua priorità, neanche per gli Stati membri la maggior parte dei quali ha partecipato con un approccio solo “estetico” alla strategia in materia di lotta alla povertà» ha poi sottolineato il presidente dell’Eapn, riportando quanto rilevato da quasi tutti i 31 membri nazionali del network europeo anti-povertà.

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Povertà in aumento, colpisce un quarto della popolazione europea

E in effetti sono gli stessi dati forniti dall’Ue a testimoniare questo fallimento. Nel 2009 la Commissione europea aveva sottolineato come nei dieci anni precedenti il crescente tasso di occupazione non avesse sufficientemente raggiunto le persone più lontane dal mercato del lavoro e che ottenere un posto di lavoro non era comunque sufficiente per sfuggire alla povertà. Per queste ragioni, i capi di Stato e di governo dell’Ue si sono impegnati nel giugno 2010 nell’ambizioso obiettivo di ridurre la povertà e l’esclusione sociale in Europa di 20 milioni di persone entro il 2020, come parte della strategia Europa 2020.

Ebbene, dall’inizio della strategia anziché diminuire il numero di persone in povertà è aumentato di circa 7,8 milioni nell’Ue, solo nei primi due anni (2010-2012) il tasso di rischio di povertà è aumentato mediamente di 0,4 punti percentuali, la grave deprivazione materiale di 1,5 punti ed è cresciuta anche la quota di individui che vivono in famiglie senza lavoro, alimentando così la tendenza all’aumento della povertà e dell’esclusione sociale che oggi colpisce in vario modo circa 125 milioni di persone nei Paesi dell’Ue, cioè un quarto della popolazione.

In questi primi anni della strategia Europa 2020 gli aumenti maggiori di povertà ed esclusione sociale si sono registrati nei Paesi più colpiti dalla crisi economica: Grecia, Irlanda, Spagna, Italia e Cipro. Restano livelli elevati (30% o più) nei Paesi dell’Est europeo, come Bulgaria, Romania e Ungheria, dove prevalgono alti livelli di deprivazione materiale. Povertà ed esclusione sociale sono aumentate anche in Paesi con rischi bassi e sistemi di Welfare solidi, come Danimarca e Lussemburgo, sono rimaste stabili in Repubblica Ceca, Germania, Francia, Paesi Bassi e Portogallo e sono diminuite solo in Polonia, Lituania e Lettonia, diminuzione che ha però seguito forti aumenti verificatisi tra il 2008 e il 2010.

Cause e possibili soluzioni

La disoccupazione di lunga durata, la segmentazione del mercato del lavoro e la polarizzazione dei salari spiegano in parte l’aumento della povertà e dell’esclusione sociale nell’Ue, a questi elementi si è aggiunto infatti l’impatto delle riduzioni dei trasferimenti sociali adottate dalla maggior parte degli Stati membri per ripristinare la sostenibilità finanziaria dei sistemi di Welfare. Così, con il deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro è notevolmente aumentato il numero di persone a basso reddito o che vivono in famiglie senza lavoro, con la riduzione complessiva dei redditi delle famiglie e il conseguente aumento della deprivazione materiale.

Tabella 1

«La povertà danneggia la coesione sociale e la crescita, perché è uno spreco di capitale umano, mette a dura prova le finanze pubbliche e significa che l’economia dell’Ue non funziona come potrebbe. Affrontare le sfide della povertà è anche in gran parte una questione di politica fiscale, politica sanitaria, politica occupazionale, politica dell’istruzione e di politica economica generale: è importante riconoscere queste interdipendenze e lavorare per una crescita inclusiva» ha dichiarato nel corso della Conferenza europea László Andor, commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione, esortando gli Stati membri a migliorare i loro sistemi di protezione sociale, a fissare obiettivi più ambiziosi per ridurre il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale e a garantire che tali obiettivi possano essere raggiunti.

«Prima che sia troppo tardi è il momento di fare sul serio su una delle sfide più grandi per la nostra democrazia» esortano i membri dell’Eapn chiedendo interventi reali ed efficaci di lotta alla povertà, che devono però essere progettati e realizzati in stretta collaborazione con i fornitori dei servizi sociali, le parti sociali, la società civile e le persone in povertà. Secondo il network europeo anti-povertà deve essere data priorità ad un approccio sociale ed economico equilibrato in grado di mantenere le promesse di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva: serve una strategia europea integrata in grado di ridurre la povertà e l’esclusione sociale, nonché un piano di emergenza per investire in posti di lavoro di qualità, in servizi e protezione sociale; vanno poi perseguiti progressi verso standard sociali, con una direttiva quadro sul reddito minimo, l’uso efficace dei fondi assegnati per la povertà e un nuovo programma di povertà che finanzi l’innovazione sociale locale con attori di base. «L’argomento della crisi ha contribuito a rafforzare una visione sbagliata secondo cui alcuni livelli di povertà sono accettabili come effetti collaterali di crescita e sviluppo economico» ha concluso il presidente dell’Eapn, sottolineando la necessità di interventi immediati: «Se mettiamo insieme le tre iniziali delle parole bisogno (need), occasione (opportunity) e volontà (will), otteniamo un’altra parola importante: now. E ora è il momento – forse l’ultimo – per salvaguardare la democrazia e la libertà».

 

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